Fino a 20 – 30 anni fa, nessuno pensava che i rifiuti buttati in mare potessero avere un impatto sulla fauna marittima e, di conseguenza, anche sulla salute umana. Un’intuizione, poi divenuta un sogno, ha portato una ragazzina a diventare una scienziata che grazie alla sua caparbietà è riuscita a fare scoperte importantissime e a muovere l’interesse non solo di altri ricercatori, ma anche della politica e dei finanziatori in grado di fare scelte e investimenti sul futuro della salute degli animali, del mare e delle persone.
Maria Cristina Fossi è tutto questo: ecologa ed ecotossicologa di fama internazionale, docente all’Università di Siena, direttore scientifico del Biomarker Laboratory – Plastic Busters, con all’attivo oltre 900 pubblicazioni scientifiche. Una vera autorità, ospite dell’Ambasciata d’Italia per una conferenza sull’impatto dei rifiuti marini su specie animali carismatiche. L’incontro/evento si è tenuto a palazzo SUMS, a latere della mostra dedicata alle scienziate italiane che hanno cambiato il futuro. E lei è proprio una di queste. In prima fila, ad ascoltarla, ospiti illustri come la presidente BCSM Catia Tomasetti, il giornalista Osvaldo Bevilacqua, i Comandanti di Guardia Costiera di Cesenatico, Rimini e Pesaro.
Maria Cristina Fossi e il suo gruppo sono stati i primi ad usare biomarkers (indicatori biologici) in grado di verificare come le molecole inquinanti possono distruggere i sistemi ormonali e provocare alterazioni riproduttive. Questo specifico impatto sui pescispada e sui tonni si è rivelato enorme. Ma gran parte degli studi si è rivolta a specie carismatiche, come i grandi cetacei, perché hanno un ruolo fondamentale nella comunicazione. A livello mediatico, infatti, c’è una grande differenza tra parlare di cozze o di balene, che sono una specie rischio e che con la loro azione di filtraggio (cioè quando aprono la bocca) inghiottono acqua per circa 70 mila litri al giorno. Ovvero, un potenziale inquinante all’ennesima potenza.
Mari ed oceani, infatti sono pieni di plastica. Tutti hanno sentito parlare dei grandi vortici oceanici (erroneamente definiti: isole di plastica). Ce ne sono 5 a livello planetario. Il sesto è il mar Mediterraneo, che è un mare chiuso, invaso dai rifiuti. Le plastiche sono presenti circa al 90 per cento, ma ci sono anche farmaci (paracetamolo e medicinali anticolesterolo) e miliardi di sigarette. Si è trovata nicotina anche nei pesci. Tutto questo va ad incidere sia sulla salute degli organismi marini, sia sulle catene alimentari
Le balenottere e i delfini presenti nel Santuario Pelagos, bellissima area protetta tra la Liguria e la Francia, non rischiano solo la collisione con le navi o con le reti dei pescatori, ma sono anche intensamente esposti a tutte le sostanze inquinanti che arrivano in mare e che hanno un impatto fortissimo sulla loro biodiversità. L’inquinamento va fino a 80 miglia dalla costa.
Gli scienziati si sono posti due ordini di problemi: parlare lo stesso linguaggio tra il nord e il sud del Mediterraneo affinché ogni scoperta possa essere vantaggiosa per tutti; e parlare alla governance, ovvero a quegli organismi che hanno la capacità di muovere investimenti e risorse da destinare alla ricerca, cioè alla scienza. Un mix di obiettivi e di azioni che mirano a parlare anche alla gente, perché l’inquinamento è un fatto culturale.
Su tutto incombe un mostro sempre più minaccioso: il cambiamento climatico. Anche di questo devono tenere conto gli scienziati quando effettuano il monitoraggio delle spiagge e dei mari per poi promuovere azioni integrate di mitigazione degli effetti dell’inquinamento.
Non è un caso che Maria Cristina Fossi abbia ricoperto il ruolo di coordinatrice scientifica del progetto bandiera “Plastic Busters” nell’ambito del polo regionale delle Nazioni Unite per le soluzioni di sviluppo sostenibile nell’area del Mediterraneo. Nel 2019, questo progetto è stato scelto come iniziativa pilota nell’ambito del progetto d’eccellenza BLUEMED “Verso un Mar Mediterraneo sano e libero dalla plastica”. A cominciare da tutte le plastiche monouso e soprattutto da tutti quei prodotti cosmetici, che sono pieni di microplastiche.
La professoressa Fossi è attualmente responsabile di uno dei gruppi di lavoro del progetto COMMON, nell’ambito della rete dei programmi di vicinato dell’Unione Europea – CBC, che mira a promuovere la tutela ambientale, l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso un approccio integrato alla gestione delle zone costiere. Senza dimenticare che tra le sue battaglie c’è stata anche la costruzione di un muro di difesa (ovviamente fatto di controlli e di norme internazionali) contro la caccia alla balena nei mari russi e cinesi.
Ora, quel sogno di ragazzina è diventato un messaggio potente alle generazioni, attuali e future, perché se vogliamo cambiare il mondo, bisogna cominciare adesso.
Angela Venturini