San Marino. CDLS: denatalità, un’ipoteca per il futuro del Paese

E’ ALLARME CULLE VUOTE: IN UN DECENNIO LE NASCITE SONO CROLLATE DEL 36%

“Un Paese senza bambini non ha futuro: è necessario porre da subito le basi di un vero e proprio cambiamento culturale. Va aperto al più presto un tavolo di confronto tra il governo che si insedierà dopo il voto del 9 giugno ed i sindacati e le associazioni economiche per ripensare e potenziare le politiche a sostegno della famiglia”. Il tema drammatico della denatalità, purtroppo spesso sottovalutato dalla politica, è invece prioritario nell’agenda del nuovo Segretario Generale della CDLS Milena Frulli: la continua e crescente diminuzione delle nascite – nel 2023 i nuovi nati sono stati meno di 200, con un crollo delle nascite del 36% nell’ultimo decennio – è una vera e propria ipoteca per il futuro del Paese.

Per il Segretario della Confederazione Democratica serve “un vero e proprio cambiamento culturale, un ripensamento delle politiche di welfare che poggi su due pilastri: la genitorialità paritaria e il quoziente famigliare. Le indispensabili politiche sociali a supporto della famiglia dovranno essere accompagnate anche da forti investimenti in asili nido accessibili economicamente e dislocati nelle aree produttive e promuovendo la creazione di strutture aziendali all’interno delle ditte che hanno una più elevata occupazione femminile”.

In tema di natalità, nei Paesi europei economicamente e socialmente più avanzati quali Francia, Paesi Scandinavi e Germania, va rilevato a livello statistico che oltre il 50% dei bambini frequenta gli asili nido e, parallelamente, si registrano anche i tassi di occupazione femminile più elevati d’Europa con oltre il 70%, mentre la vicina Italia risulta essere nel 2022 il secondo peggior Paese con una occupazione femminile ferma ad un tasso del 55%. A San Marino, pur avendo un dato migliore rispetto ad altri Paesi, si evidenzia che una parte rilevante delle persone disoccupate è di genere femminile.

“Prendendo in considerazione le scelte attuate dai diversi Paesi europei in tema di politiche a supporto e a sostegno della natalità – sottolinea il Segretario Generale CDLS – emerge chiaramente come i migliori risultati non si siano ottenuti solo garantendo o aumentando sostegni di tipo economico, bensì accompagnandoli a nuove politiche di welfare famigliare. E’ infatti fondamentale potenziare e promuovere tutte le modalità e forme di conciliazione dei tempi di vita-lavoro come, ad esempio, l’incentivazione delle forme flessibili di lavoro in termini di orario, tutele ai genitori che scelgono il part-time, incentivazione del lavoro agile, e congedi parentali flessibili”.

“E’ dunque necessario porre le basi per un vero e proprio cambiamento culturale, con una visione di medio-lungo termine, sia nel modo di pensare alle politiche legate alla famiglia sia nel modo di concepire gli strumenti da mettere a disposizione. E’ fondamentale un’analisi che parta dal concetto di genitorialità paritaria e che, a fronte di una più equa distribuzione dei carichi familiari, abbia come riflesso un aumento del dato occupazionale femminile. In tale ambito, per esempio, è fondamentale l’implementazione di strumenti quali i periodi di congedo parentale fruibili, e che tali strumenti tengano conto anche di periodi obbligatori su base paterna, prevedendo eventualmente forme di incentivazione. Vanno attuate sin da subito concrete azioni di contrasto al fenomeno della cosiddetta ‘motherhood penalty’, ossia lo svantaggio aggiuntivo delle donne lavoratrici con figli rispetto a quelle senza.

Per la CDLS devono essere affrontate e risolte immediatamente le criticità legate al tema abitativo, con affitti ormai arrivati a livelli proibitivi a cui si aggiunge l’oggettiva impossibilità economica per le giovani coppie di acquistare un appartamento. Un’altra risposta all’emergenza denatalità è l’adozione dello strumento del quoziente familiare. “Uno strumento – precisa il Segretario Generale – che ribalterebbe l’attuale sistema di tassazione, basato sui redditi individuali, e consisterebbe nel dividere il reddito complessivo della famiglia per un coefficiente che è collegato in misura crescente all’aumentare del numero dei componenti del nucleo familiare. Questo approccio garantirebbe non solo un beneficio in termini di tassazione generale ma finalmente si darebbe un importante segnale di una maggiore equità orizzontale, rispettosa della numerosità del nucleo familiare e con una opportuna valutazione del reale reddito disponibile delle famiglie. Un passo in avanti nella direzione dell’equità e giustizia fiscale che concorre a creare condizioni più favorevoli alla natalità”.

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